CRISI CLIMATICA: SIAMO ANCORA IN TEMPO PER RIDURRE LE EMISSIONI DI GAS SERRA?
L’abitabilità sul nostro pianeta è garantita da tre condizioni fondamentali: la presenza del ciclo dell’acqua, la giusta distanza dal Sole, l’esistenza di un’atmosfera in grado di bloccare la radiazione ad alta energia emessa dalla propria stella madre, assicurando un clima adatto alla vita grazie all’effetto serra naturale.
Difatti, i raggi solari che raggiungono la superficie terrestre vengono in parte riflessi verso l’esterno e in parte assorbiti e reindirizzati verso il pianeta da alcuni gas presenti nell’atmosfera.
Il risultato è un aumento del calore che si somma a quella creata dai raggi solari assorbiti direttamente: questo permette la vita sulla Terra.
Dunque, il riscaldamento avviene in natura, ma solo a partire dal diciannovesimo secolo assistiamo a un mutamento climatico anomalo innescato in gran parte dall’uomo e dalle sue attività; un effetto serra antropico che si somma a quello naturale.
Gli scienziati, avvalendosi di modelli matematici sempre più precisi, spiegano come, negli ultimi decenni, il clima sulla Terra stia cambiando in modo preoccupante e come la responsabilità di questi mutamenti sia da attribuire alle attività umane a cominciare dall’uso massiccio dei combustibili fossili come gas, petrolio e carbone che rappresentano la maggior parte delle emissioni di gas serra.
Con il termine climate change ci si riferisce alle alterazioni delle temperature e dei modelli meteorologici di lungo termine che avvengono in modo naturale, come ad esempio mediante variazioni del ciclo solare. Tuttavia, negli ultimi 150 anni, le attività umane hanno avuto un ruolo non indifferente nel cambiamento del clima del pianeta, imputabili perlopiù alla combustione di combustibili fossili che genera emissioni di gas a effetto serra che agiscono come una coltre avvolta intorno alla Terra, trattenendo il calore del sole e innalzando le temperature. Difatti, è proprio l’aumento dei gas serra immessi nell’atmosfera, che ha ormai raggiunto livelli record, a provocare l’innalzamento globale della temperatura che a sua volta rende sempre più frequenti fenomeni di inondazioni, siccità, diffusione di malattie, crisi idrica e dei sistemi agricoli, dissesto idrogeologico nonché estinzione di specie sia animali che vegetali.
Conseguenze del climate change: i pochi vantaggi e gli svantaggi
Il riscaldamento globale, causando scioglimento dei ghiacci della calotta polare Artica, avrà anche degli effetti positivi, rendendo praticabili alcune rotte navali come il Passaggio a Nord-Est e il famoso Passaggio a Nord-Ovest. Il Passaggio a Nord-Est è una rotta che, partendo dal Mar del Nord, prosegue nel Mar Glaciale Artico lungo la Siberia raggiungendo l’Oceano Pacifico dopo aver attraversato lo stretto di Bering e il Mar di Bering.
Il Passaggio a Nord-Ovest rappresenta, invece, una via di navigazione che, passando attraverso l’arcipelago canadese e proseguendo attraverso lo Stretto di Bering, collega l’Oceano Atlantico al Pacifico.
Entrambe le rotte, una volta agibili, consentiranno notevoli risparmi di tempo.
Tuttavia, il progressivo assottigliamento dei ghiacci, accelerando il surriscaldamento climatico – senza il ghiaccio che riflette i raggi solari, l’Oceano Artico tende a scaldarsi ancora più rapidamente e i gas imprigionati nel permafrost verranno rilasciati nell’atmosfera – avrà conseguenze inimmaginabili sugli ecosistemi.
Le specie animali e vegetali si spostano in modo imprevedibile da un ecosistema all’altro, creando danni incalcolabili alla biodiversità in tutto il mondo.
Tra i principali impatti osservati dei cambiamenti climatici sulla distribuzione delle specie vi sono: la migrazione delle specie alpine e di specie arbustive verso quote superiori, la risalita di specie arboree con conseguente innalzamento dei limiti della vegetazione arborea, la variazione della composizione floristica, incendi boschivi, l’accelerazione degli impatti dei cambiamenti climatici sul dinamismo e sui processi di colonizzazione delle specie (alcuni uccelli migratori, dopo un anno, cambiano periodi di arrivo e di partenza).
Anche le “stagioni degli incendi” sono diventate più intense e più lunghe, ogni anno si assiste a un aumento degli eventi meteorologici estremi, come le alluvioni o i cicloni che si verificano anche in periodi dell’anno atipici rispetto al passato.
A tal proposito vale la pena sottolineare che i mutamenti climatici si sono sempre verificati, ma non in maniera così repentina come quanto osservato negli ultimi anni.
Le soluzioni per contrastare i cambiamenti climatici
La temperatura media globale attuale è tra 0,94 e 1,03 °C più alta rispetto alla fine del 1800 e secondo la comunità scientifica un aumento di due gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali avrà conseguenze pericolose sull’ambiente e sul clima.
Il rapporto intitolato: “Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change” evidenzia che le emissioni di gas serra tra il 2010 e il 2019 sono state più alte di qualsiasi altro decennio della storia umana; in altre parole, rischiamo di rimanere fuori tempo massimo per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Tuttavia, un aspetto positivo è rappresentato dalla diminuzione del costo delle tecnologie per produrre energia pulita da fonti rinnovabili; al contempo è aumentato negli ultimi anni l’utilizzo di soluzioni per il clima, tra cui l’energia solare ed eolica, i veicoli elettrici e lo stoccaggio delle batterie.
Rimane sul tavolo il problema di eliminare o quanto meno ridurre l’uso di combustibili fossili.
Nel dicembre del 2015, alla Conferenza delle Parti (COP21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è stato firmato L’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che fornisce un quadro credibile per raggiungere la decarbonizzazione, con obiettivi a lungo termine per affrontare il mutamento climatico e una struttura flessibile basata sui contributi dei singoli governi. A tal proposito, i paesi firmatari si sono impegnati a limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 2° centigradi rispetto ai livelli preindustriali con sforzi per rimanere sotto 1,5°. Nel 2021, l’obiettivo è stato portato ad almeno il 55% di riduzione entro il 2030 e alla neutralità climatica entro il 2050.
Le soluzioni proposte dall’Unione Europea
Per ridurre le emissioni delle industrie e delle centrali elettriche, l’Unione europea ha messo in pratica il primo mercato delle emissioni (Emissions Trading System) attraverso il quale le imprese devono acquistare permessi per emettere anidride carbonica. Ciò significa che le aziende che inquinano meno, pagano meno. Tale sistema copre il 40% delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE ed è stato rivisto per ridurre le emissioni industriali del 62% entro il 2030.
Inoltre, l’ETS II, lo schema di scambio di quote di emissione aggiornato, prevede l’inclusione di settori inquinanti, come l’edilizia e il trasporto su strada, a partire dal 2027, e anche il trasporto marittimo.
Nel mese di aprile 2023, il Parlamento europeo ha approvato la proposta che prevede la promozione dell’utilizzo di carburanti sostenibili per l’aviazione.
Entro il 2030 l’Unione europea intende portare al 32% la quota di energia rinnovabile consumata oltre che incentivare la creazione di possibilità per le persone di produrre la propria energia verde.
Una maggiore efficienza energetica contribuisce alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, ma anche alla diminuzione dei costi dell’importazione di energie nei Paesi europei, che ammontano a 330 miliardi di euro all’anno.
In conclusione, siamo ancora in tempo per la lotta alla crisi climatica e per ridurre le emissioni di gas serra?
La risposta è sì, ma a patto di agire in fretta mettendo in atto politiche efficienti per limitare il riscaldamento del pianeta.
Gregorio Sambataro, Co-founder e Managing Director New Horizons (associazione partner del progetto The Water Code)
Sitografia:
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